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sabato 23 novembre 2013
Cinquantatreesima puntata - Diario di Pechino
2 settembre 2011 – Budapest ---
Durante l’intero volo si vedeva il Carro Maggiore e una sottile striscia rossa a oriente. Appena atterrati subito si era fatto giorno. ---
La prima volta che ci avevano servito il pasto m’era successo una cosa strana. Mentre addentravo un panino imburrato m’aveva colpito il suo sapore: erano mesi che non lo sentivo. “Sono di nuovo in Europa” avevo pensato. ---
Oggi ho sofferto del get leg, dopo pranzo ho dormito un’oretta e adesso sono pronta per la notte. ---
Budapest è una cittadina di provincia, a confronto con Pechino, ma quant’è bella!
sabato 16 novembre 2013
Cinquantaduesima puntata - Diario di Pechino
1 settembre 2011 – Pechino ---
Ho chiuso i bagagli, ritirato la cauzione e con gli ultimi mille yuan sono andata in banca a cambiarli. Il mio era il numero 1120, mancavano giusto venti numeri. Di questi tre-quattro non si sono nemmeno presentati, in fondo avrei dovuto aspettare una decina di minuti al massimo. Invece, no. Ho aspettato oltre mezz’ora e quando finalmente è toccato a me ci ho impiegato altri cinque minuti buoni. ---
Questa bella burocrazia fa sì che il tasso di disoccupazione resti sempre basso. ---
Il cambio, poi, è stata una bella sorpresa: ho comprato 100 euro esattamente al prezzo con cui l’avrei venduto. Viva la burocrazia. ---
Mi avanzano abbastanza soldi per andare al cinema. Il biglietto costa 60 yuan, quasi come a Milano. Mi domando quante persone se lo possono permettere. ---
Sono le due del pomeriggio. Il sole del tardo estate scalda ma non brucia. Si sente già l’avvicinarsi dell’autunno. ---
Peccato andar via in questo momento.
sabato 9 novembre 2013
Cinquantunesima puntata - Diario di Pechino
31 agosto 2011 – Pechino ---
Oggi ho fatto le ultime commissioni fuori dal campus . ---
Tra l’altro ho restituito la tessera della metrò; è stata un’impresa ardua in mezzo a degli impiegati svogliati. Io però sono stata aiutata da un signore disponibilissimo. Lo stesso quando ho cercato di trovare una certa agenzia: una signora ha addirittura chiamato sua figlia col proprio cellulare per chiedere informazione. E non è stata la prima volta! ---
In mattinata sono stata impegnata a trovare l’ennesimo posto all’ennesimo numero civico ma, alla fine, ci ho quasi preso gusto. Ogni volta che a Pechino si riesce a rintracciare un qualunque ufficio sembra festa nazionale. Invoglia a ripetere l’esperienza… ovviamente solo fino al primo fallimento. I fallimenti sono all’ordine del giorno. ---
Pomeriggio ho preso la strada al nord e mi sono subito trovata all’entrata di un tempio con tanto di mura e porte e biglietti di entrata da pagare. Poco male, per proseguire è bastato correggere il tiro – o quasi. L’agenzia di turno si trovava – sul google map – al sud della stazione della linea 10. Proseguire 50 metri e poi svoltare a ovest. Semplice. Invece si è trattato nientepocodimeno di un hutong.
Gli hutong sono come un casba; un agglomerato di case a un solo piano, fitte-fitte lungo stradine tortuose e buie. In qualche maniera l’ho trovato, l’ufficio del turismo. Si trovava in un budello ma dentro v’erano parecchi clienti, quindi, non si può mai sapere. ---
L’ultimo posto, invece, dopo aver dribblato un incasinamento bestiale, era dentro un tower ad un tiro di schioppo; per poco non sono passata oltre. Certo, prima di arrivarci ho persin tentato di scavalcare un divisore della strada ad alta velocità fino a quando una signora (i cinesi non si fanno mai gli affari propri) non m’avesse richiamata all’ordine. Tra l’altro mi ha detto “lì non si può!” senza dirmi dove “si può”.
sabato 2 novembre 2013
Cinquantesima puntata - Diario di Pechino
30 agosto 2011 – Pechino ---
Stasera ho finito di impacchettare i regali per il viaggio. ---
Oggi avevo comprato una borsa di pelle (finta) bella grande. Missà che avrò problemi con i bagagli. ---
Oggi continuava la mia ricerca di partner cinesi per il mio lavoro. Riuscire a trovarli è il problema numero uno. I tassisti di solito li trovano se gli dai l’indirizzo completo dove, oltre la via e il famoso numero civico, vi sono cose invisibili ai nostri occhi che li guidano sul posto senza fallo. Noi abbiamo girato avanti e indietro a piedi, intanto il termometro è tornato a segnare oltre 34 gradi; uno stress incredibile. ---
Cenato dal musulmano – per Daniele era l’ultima cena – poi tornata a casa. Distrutta.
sabato 26 ottobre 2013
Quarantanovesima puntata - Diario di Pechino
29 agosto 2011 – Pechino ---
La partenza si avvicina. Ancora non ci credo, ne parlo come di una cosa reale che però non mi appartiene; io ne sono fuori. ---
Sono partiti tutti. Per qualche giorno io e Daniele eravamo quasi gli unici non asiatici. Stasera poi sono arrivati gli africani in gran numero, tutti quanti nel nostro palazzo. Daniele temeva di trovarsene uno come compagno di stanza per le ultime notti ma poi così non è stato. ---
Oggi abbiamo ritirato il suo visto in Questura. Ci è stato quell’attimo di attesa angosciosa…. e poi, voila: nuovo visto sul passaporto. Un macigno è caduto dal suo cuore. Come lo capisco; può ben confermare alla mamma che domani sarà l’ultima notte qui e poi A CASA, A CASA, A CASA. ---
Quanto si apprezzano le cose quando si è lontani, quanto acquistano un più giusta posizione le cose nella vita di ognuno di noi! Cosa non fa la prospettiva! ---
In queste notti sogno. Sogno cose importanti e meno importanti, come chiunque. Prima mi sembrava di non aver sognato per più di un mese. Oggi sono diversa.
sabato 19 ottobre 2013
Quarantottesima puntata - Diario di Pechino
28 agosto 2011 – Pechino ---
Devo aver accumulato tanta stanchezza: stamattina ho dormito fino le nove poi ho dormito due ore nel pomeriggio e ora sono pronta ad andare a letto che sono solo le dieci. ---
Oggi avevo lavorato sul progetto del mio futuro lavoro; io e Daniele avevamo scelto su internet le agenzie di viaggio da contattare, avevamo trovato gli indirizzi e gli email. Non era stato molto semplice; ci avevamo impiegato due ore e mezza. Finite le ricerche avevo voluto offrirgli la merenda.
Già che eravamo a Wudaokou ci eravamo incamminati nel viale tal dei tali a cercare il numero civico 18, dove si trovava una di queste agenzie. ---
Non trovandolo mi era venuta l’idea di domandare il numero civico d’un negozio ma la cassiera non lo sapeva e ci aveva messo un bel po’ di tempo a recuperare questa informazione. Nel suo caso il numero civico era il 9. Da lì il gioco doveva essere fatto, non a Pechino, però, dove anziché per vie e numeri civici si ragionava per agglomerati di un istituto, di una fabbrica o di un’università. ---
Noi avevamo proseguito sullo stesso lato della strada e, arrivati fino in fondo, avevamo cercato di indagare di nuovo. La via era quella giusta ma dove si trovasse il numero 18 era un mistero. Noi due non avevamo fretta, la serata era limpida e bella, avevamo deciso di rifare la strada a ritroso sul lato opposto. Arrivati al primo incrocio ci era parso di essere completamente fuori strada e stavamo per ritornare nuovamente sui nostri passi quando all’improvviso avevamo scorto l’insegna del negozio al numero 9 a conferma che non stavamo poi sbagliando di nuovo. Proseguendo ancora per un bel po’ - ormai completamente senza speranza – avevamo scorto il numero 16 e, di lì a poco, anche il numero 18. Si trattava di un ennesimo centro commerciale dove, al piano terreno, era ben visibile, seppur chiusa, la tanto agognata agenzia.
sabato 12 ottobre 2013
Quarantasettesima puntata - Diario di Pechino
27 agosto 2011 – Pechino ---
Oggi siamo andati al mercato dell’antiquariato. Mannaggia, ho speso oltre quaranta euro per un porta-bacchetta in giada. Non avrei dovuto. --- Ho anche comprato un pezzo di seta sottilissima con un bel disegno; prezzo quasi dieci euro. Vabbè: ho anche comprato un paio di scarpette e un paio di stivaletti per bebè, tutto un ricamo. Sono fantastici, un sogno. Per un totale di cinque euro e mezzo. ---
I giorni stanno per finire. Strana sensazione. Chissà se sentirò la mancanza di ciò che ora sembra una normalità. Come vivrò l’assenza di tutto questo? Dei cinesi magrissimi, simili agli extraterrestri? Queste strade che non arrivano mai dove dovrebbero ma finiscono in certe budelle? Queste grandi porte con il solito guardiano in uniforme a difesa di che cosa poi? ---
Coppie passeggiano, mi sembrano così spenti, nessuno che litighi, nessuno che amoreggi, staranno insieme a far che cosa mai?
sabato 5 ottobre 2013
Quarantaseiesima puntata - Diario di Pechino
26 agosto 2011 – Pechino ---
Passato un pomeriggio a fare piccoli acquisti e a riportare i libri in libreria. Sono riuscita a riavere tutti i soldi spesi, non pochi. Questa è una libreria un po’ speciale e i prezzi sono alti. Dal mio scontrino si evinceva che avevo speso un bel po’ di quattrini e che i tre libri acquistati erano perfetti ma non per me. In effetti erano scritti in caratteri cinesi non semplificati. ---
Dopo un po’ la commessa mi aveva ridato i soldi con i quali più tardi avevo comprato un bel servizio da thè in fine porcellana. Questo per il prezzo di tre libri in inglese-cinese. ---
Usciti dalla libreria avevamo percorso diversi chilometri a piedi. Si era messo a piovere ma noi, presi dalla fretta di arrivare prima della chiusura del negozio, avevamo camminato spediti, senza badarci. Sulla nostra sinistra si ergeva nel semibuio l’ultimo palazzo della Città Proibita con tanto di mura e di fossato pieno d’acqua. Svoltato a destra stavamo percorrendo il perimetro di Jingshan e, in fondo al viale, avevamo ritrovato il solito hutong. Quel hutong che io e Jenny avevamo felicemente attraversato una domenica di luglio con il sole del mezzogiorno. ---
Qui continuava a piovere. Sulla stradina addossata al muro neanche un anima. I miei amici, in mancanza di meglio, stringevano i denti a mi seguivano senza dire una parola. Dentro di me vedevo già i titoli dei quotidiani di Pechino del mattino dopo “Dispersi quattro turisti italiani nel tentativo di attraversare il hutong”. Dopo un po’ il muro scomparve dalla vista e noi, eseguiti un po’ di svolte a destra e svolte a sinistra, siamo sbucati sul vialone giusto di fronte a Houhai.
Houhai è un posto per turisti, quindi, è pieno anche di turisti cinesi venuti a curiosare. All’interno, in una viuzza, ecco il nostro negozio tra i tanti. Il servizio da thè è davvero bello, di ottima fattura, con un prezzo alto anche se non esagerato. L’amica ci rinuncia, io pure. Quando l’amica scopre un altro servizio, ugualmente caro, mi viene un’idea. Prima mi consulto con lei e poi chiedo al titolare: “Se compriamo tutti i tre pezzi, qual è la vostra miglior offerta?” L’uomo riflette per un po’ e poi scrive la cifra: al posto di 800 yuan possiamo averli a 650. Io sono soddisfatta, l’amica pure, tutt’e due abbiamo fatto un gran risparmio e l’artigiano cinese ha venduto ben tre servizi.
Usciamo con le belle confezioni in mano, siamo affamatissimi. In un locale del Yunnan (estremo sud) mangiamo le loro cose piccanti, molto saporiti. Dopo cena per un ultimo drink insieme non c’è che l’imbarazzo della scelta. Alla fine ci accomodiamo su due divanetti sulla riva del lago. Il lago porta via i nostri suoni e avvicina quelli che arrivano da lontano. Ci rilassiamo, facciamo un po’ il punto della situazione. Vi è del dispiacere nell’aria: andar via dopo che ci si è trovati bene non è senza tristezza. Non è il mio caso ma lo posso capire lo stesso.
mercoledì 2 ottobre 2013
Quarantacinquesima puntata - Diario di Pechino
25 agosto 2011 – Pechino ---
Primo giorno dopo la fine della scuola. Piovvigina. Prendo un libro e vado in mensa a leggerlo. E’ in cinese. Me l’ha regalato la mia tongwu (compagna di stanza); il titolo infatti è “The Present”.
Nel pomeriggio avevo fatto delle compere in uno di quei posti dove lo straniero non ci entrerebbe mai. Una bambina, infatti, si era meravigliata a vedermi, una dabi (grande naso=straniero). Avevo speso una stupidata, le cose che avevo comprato, salvo forse le due chiavette USB da 4 giga che infatti mi erano costati quasi 10 euro, il resto erano spiccioli. Avevo trovato la bussola da fissare sulla bici, delle forchettine a due denti con manico in porcellana, dei regalini da quattro soli. Mi ero persino divertita. ---
L’autobus, anzì le due linee di autobus, presi all’inverso mi avevano portata a casa senza alcun intoppo. ---
Sono serena e comincio a stendere i nervi.
sabato 21 settembre 2013
Quarantaquattresima puntata - Diario di Pechino
24 agosto 2011 – Pechino ---
Dopo cena sono andata in giro; un giro di perlustrazione con un nuovo itinerario.
Ovunque muri. Entro i muri vi sono le porte: del sud, dell’est, del nord o dell’ovest. Quando entri nel quartiere sai dove sei ma non sai mai con certezza dove potrai uscire. A volte vi sono delle specie di budella che ti fanno passare oltre – una persona alla volta – e ti ritrovi in un altro cortile. Le corti (o i cortili) hanno un nome, i tassisti ti ci portano non perché conoscano la via e il numero civico – il più delle volte non sanno nemmeno leggere e scrivere e comunque non riconoscono un posto sulla cartina. ---
Dunque stasera ero in giro in posti nuovi. Edifici ultramoderni ovunque e, in strada, i soliti cinesi con la canottiera tirata su sì da far respirare la pancia. Seduti sugli sgabelli portati da casa chiacchierano tra di loro.
Una fila di edifici ricorda quelli vicino alla piscina che frequento d’estate in Italia. E’ sera, luci accese alle finestre. Se m’incammino in quella direzione, entro un quarto d’ora sono a casa. Apro la porta e prendo in braccio la gatta. ---
Non posso continuare a fantasticare. Per me è ancora troppo doloroso ricordare. Sono su un altro pianeta, pensare un ritorno a casa non ha senso.
sabato 14 settembre 2013
Quarantatreesima puntata - Diario di Pechino
23 agosto 2011 – Pechino ---
Oggi giornata di shopping. Prima al centro di prodotti elettronici poi in libreria e, dopo il pranzo delle tre, in un mercato delle cose ambigue. ---
Io non sono tagliata per lo shopping, ho solo accompagnato le amiche al centro di prodotti elettronici, salvo poi rifarmi in libreria. Ho speso una fortuna in libri veri e propri e in audio-books. Il portafogli si è alleggerito, lo zaino invece si è appesantito. ---
Poca fortuna nel pomeriggio: niente prodotti cinesi di straforo a basso prezzo, tutto fufa o prodotti importati, tutti a prezzi altissimi. Devo portar pazienza; tutto si troverà prima o poi. ---
Le cose che vale la pena di comprare sono gli oggetti ormai in disuso, come gli arnesi per la calligrafia che invece da noi costano un occhio. Anche il pigiama in broccato di seta per un bambino che verrà è costato poco ed è di fattura e di materiale eccellenti. Un giorno, poi, avevo comprato venti matite Staedtler, sono ottime, da noi costano caro qui invece li compri a venti alla volta. ---
Nel tornare a casa mi sono fermata a mangiare un boccone. Dopo poco sono arrivati anche gli amici italiani, si sono fatte le nove e mezza tra la stanchezza e le chiacchiere. Domani – ultimo giorno da sveglia alle sette – avremo sei lezioni, chissà chi di noi parteciperà.
sabato 7 settembre 2013
Quarantaduesima puntata - Diario di Pechino
22 agosto 2011 – Pechino ---
NON E’ UN PAESE PER DIVERTIRSI, QUESTO. ---
Vieni qui per business o per studio, stai il tempo necessario e poi te ne vai. Alla svelta. ---
Non escludo più di tornare qui ancora una volta prima di morire. Lo stretto necessario per lo scopo prefissato. Niente sentimentalismi: la vita è dura e loro lo sanno. ---
Ho dato i due esami e ho studiato per il terzo. Siamo a quota sette ore al giorno. Mi fa male il collo per lo sforzo di concentrazione. Mangio senza sapere cosa caccio giù. Il fisico regge, l’anima si sta ristabilizzando. ---
Cammino per strada e respiro come ero abituata. Non c’è più l’umidità e il caldo delle settimane precedenti. Sull’imbrunire è quasi piacevole camminare e respirare. Dopo le lunghe ore di studio sono felice di sentire gli ultimi raggi del sole sulla pelle. L’occhio si riposa dopo tanta fatica, la mente prende e vola dove gli va. Sono quasi felice.
sabato 31 agosto 2013
Quarantesima puntata - Diario di Pechino
20 agosto 2011 – Pechino ---
E’ sabato. Sono stata a visitare il Tempio del Lama. Qui il Lama della Mongolia veniva a studiare. E’ un tempio dove, in teoria, ci sono i monaci tibetani, quelli eletti e approvati dal governo cinese. ---
A guardarli sembrano proprio dei monaci. Più seri di quelli visti altrove; nel Tempio della Nuvola Bianca o in quello di Shao Lin. Altrove i monaci sono furbetti come chiunque, qui serissimi, come se dovessero confermare la loro identicità. ---
Si diceva che in una delle cinque sale principali ci fosse un budda impegnato in una scena erotica, opportunamente coperto da drappeggi per non urtare la sensibilità dei visitatori. Non riuscendo a trovarlo avevo chiesto ad un monaco dove fosse la Sala della Felicità. Non mi veniva in mente la parola “felicità” e così avevo parlato di gaiezza e di divertimento senza riuscire ad ottenere risposta. Quando però pronunciai la frase 心里很高兴 (nel suo cuore è contento), il monaco spalancò gli occhi e disse: “E’ il primo palazzo”. ---
Il budda era davvero coperto da drappeggi dal petto in giù, l’unica cosa che forse poteva far presagire qualcosa era il sorriso da ebete a bocca spalancata. Le labbra erano di un color vermiglio volgare. Il tutto più che erotico aveva qualcosa di surreale. ---
Nell’ultima sala trovava posto un budda di legno, gigantesco e pauroso, un tronco di sandalo, dipinto di rosso, mentre in un’altra sala il budda giallo-rosso rappresentava il fondatore della setta gialla – non ne so molto di più. ---
Fuori, all’altro lato della stessa strada, ho scovato un piccolo museo che custodiva pietre e legno scolpite. Poche cose rappresentanti le varie scuole, tutte autentiche, però. In Cina quello che sconcerta di più è l’uso indiscriminato di “antico” ricostruito o fatto ieri, senza segnalare ciò che è autentico, portando l’ignaro visitatore a credere di trovarsi di fronte all’antichità quando invece buona parte è pura copiatura. ---
Hokusai disse che anche copiare è arte. Bene, bene, quando si tratta di un artigiano lo accetto ma qui si va ben oltre.
Quarantunesima puntata - Diario di Pechino
21 agosto 2011 – Pechino
Seconda giornata di studio. Ho due esami domani e mi sto preparando a tambur battente. Ho scoperto un posticino dove mi concentro perfettamente: è la parte meno frequentata della mensa del pianterreno. Ci sono delle grandi finestre e l’aria condizionata, è del grado giusto e, proprio perché rimane scomodo perché lontano da dove servono il cibo, la gente lo ignora del tutto.
Tuttavia non sono l’unica ad averla scoperta perché comunque c’è sempre gente che ci va, se non per mangiare, per studiare. Dalla mattina presto, sabato e domenica inclusi, fin quando non diventa troppo buio, li vedi a due a due a studiare. Ho capito presto di che si trattava: i tutor cinesi danno lezione di ripetizione lì. Non costa molto ed è un posto che tutti possono facilmente raggiungere.
Questi tutor sono tutti uguali, dalla pettinatura alle ciabatte, il tono di voce è quello della cattedra, infatti si disturbano reciprocamente tra un tavolo e l’altro. Il primo giorno si è avvicinata una di loro, offrendomi i suoi servizi e io l’ho mandata via senza troppi complimenti.
I cinesi che ho potuto osservare sono persone semplici. Hanno alcune regole di comportamento di fondo, per il resto vige la legge del più forte. Sono persone laboriose, senza troppi grilli per la testa ma anche senza troppa voglia di approfondire o di sentire qualcosa di nuovo o semplicemente conoscere qualcosa di cui non hanno bisogno. Se gli chiedi dov’è quella tal cosa, ti indicano il primo posto che gli salta in testa. Se però te ne vai senza il resto, capace che ti rincorrano anche per un chilometro per dartelo.
Certo, la generazione nata sotto le buone stelle del boom economico, vale a dire i bambini, sono semplicemente insopportabili. Sono piccoli, s’infilano dappertutto e calpestano sedie e tavoli al ristorante, per non parlare delle urla e dello sgomitare sulla metrò. Altro aspetto poco simpatico è che tutti sono dotati di mezzi per fare le foto, dalla macchina fotografica al cellulare e non c’è posto che si risparmi. Non puoi ammirare un sasso senza che ci fosse un ragazzino a mettersi in posa sopra o la ragazza che sembra debba farsi il book proprio oggi e proprio nell’angolo più sperduto dove ti eri cacciato.
Le ragazze hanno qualcosa di surreale, mi ricordano i primi film di fantascienza con questi silouette evanescenti. Hanno il vitino stretto e le anche strette, gambe sottili, non si capisce bene come i femori riescano a reggere le attività motorie delle gambe, per non parlare del petto e schiena quasi inesistenti cui però sono attaccate delle braccia lunghe e magrissime.
Mi sono abituata alla loro cantilena, credo che mi mancheranno persino.
venerdì 23 agosto 2013
sabato 17 agosto 2013
Trentanovesima puntata - Diario di Pechino
19 agosto 2011 – Pechino
Mancano giusto due settimane. Bazzecole. Rispetto all’oltre un mese e mezzo da quando sono qui sono davvero iniezie.
Stasera ero tornata nella trattoria musulmana. Stavolta era pieno, tutti i tavoli in strada erano occupati e non solo quelli. Il termine “tutti i tavoli” non rappresentava la realtà delle cose perché, quando era arrivato un gruppo di sei-sette persone, erano saltati fuori tavoli e sedie in aggiunta a quelli già presenti.
Io avevo chiesto ospitalità a una giovane coppia. Loro non mi avevano respinta ma nemmeno incoraggiata a farlo. Mi sono quindi accontentata di una sedia in fondo al loro tavolo e, dato che il loro gradimento era al minimo, avevo preso il telefonino e con disinvoltura avevo chiamato mio figlio. Lui, almeno, era felice di sentire la mia voce. Gli avevo raccontato in diretta che mi trovavo in mezzo a una brigata rumorosa che ben si percepiva a dodicimila chilometri di distanza.
La giovane coppia si era tolta ben presto dai piedi e, al loro posto, era arrivata una giovane famiglia con bimba di un anno circa. Come vuole la tradizione la bimba non solo non aveva il pannolino ma nemmeno le mutandine e il suo culetto s’appoggiava spesso al tavolo. Per fortuna dal loro lato.
Questa famiglia veniva dalla Mongolia Interna, alle normali difficoltà della lingua s’era aggiunta la pronuncia di lui che chiacchierava volentieri. Mi chiedeva dell’Italia di cui aveva visto qualcosa in TV e mi confermava il mio sospetto che la Repubblica Mongola aveva ben altro per la testa che unirsi alla Cina.
Mi sentivo a mio agio, anche prima del loro arrivo, ma poi il tempo era volato. Per accelerare il rientro a casa avevo preso l’autobus che mi doveva portare vicino. All’ultimo momento, però, l’autobus aveva girato verso oriente e, seppur scesa subito alla prima fermata possibile, mi era toccato fare un chilometro a piedi.
martedì 13 agosto 2013
sabato 10 agosto 2013
Trentottesima puntata - Diario di Pechino
18 agosto 2011 – Pechino
Oggi è tornato il sereno, di nuovo. Cielo azzurro come se
fosse la cosa più normale di questo mondo rasserenarsi del tutto dopo una
giornata di pioggia preceduta a sua volta da un giornata completamente limpida.
E il cielo di Pechino è tornato ad essere blu, il sole
scaldava i cuori, gli uccelli e le cicale facevano le loro gare di canto.
Una sola persona non gioiva: Daniele. Avevano sbagliato la
scadenza del suo visto e per rinnovarlo non c’era abbastanza tempo, di
conseguenza doveva posticipare la partenza di almeno tre giorni.
Ho letto la disperazione sul suo viso, qualcosa che si
avvicinava a quello che provavo io quando la speranza di rientrare in anticipo
si allontanava sempre di più, lasciandomi in balia a pensieri allucinanti
sempre più deprimenti.
Vederlo soffrire per la stessa pena mi aveva fatto scattare
sentimenti contrapposti: da una parte una gran voglia di aiutarlo, dall’altra
una sottile gioia di non essere io colui che soffre.
sabato 3 agosto 2013
Trentasettesima puntata - Diario di Pechino
17 agosto 2011 – Pechino
Dopo la giornata stupenda di ieri oggi è di nuovo nuvoloso.
Il sole non si è visto tutto il giorno, la pioggia invece sì e la temperatura
si è abbassata sensibilmente. Già da tempo notavo che la sera il sole calava presto,
sempre più presto, ma oggi c’era addirittura un’aria autunnale come se il gran
caldo non dovesse tornare mai più.
Mai più – che parole aggressive! Persino quando penso che in
questo Paese non metterò più piede, mai più, insomma mi correggo sempre
dicendo: “A meno che non si tratti di una cosa di notevole interesse, credo
proprio che questa sia l’ultima volta che vengo qui.” Sono prudente: mi ero
tanto entusiasmata all’idea di venire, non vorrei entusiasmarmi allo stesso
modo del non tornarci più. “Non metter limite alla provvidenza” è un buon
consiglio anche se il mio è più un atteggiamento di permissivismo che di credo.
Stavolta l’ho sbagliata grossa e vorrei, se non altro,
imparare dal mio errore. Oltretutto l’averla sbagliata grossa non è esattamente la prima
volta che mi succeda.