Nel post del 24 settembre (clicca qui) si era parlato della difficoltà di far combaciare il livello di lingua parlata con il livello della lingua studiata.
“Perché, nonostante conoscessi mille parole, non ne spiccico una?” I sinologi sono frustrati, si disperano, smettono di studiare.
Si era parlato della necessità di riconsiderare la nostra capacità di espressione, grazie anche al concetto del "bicchiere mezzo pieno".
Con orgoglio dichiaro di aver portato la conversazione in cinese tra gli studenti di Milano un anno prima che lo facesse l'Istituto Confucio. E' stato un processo graduale; a partire dalla fine del primo semestre avevamo iniziato ad abbinare la lezione di grammatica a quella di conversazione. Lo strumento era un corso di conversazione pubblicato dalla BLCU di Pechino con tanto di dvd.
Benché lo scopo del corso fosse quello di insegnare la lingua, io lo usavo esclusivamente per potenziare la capacità di espressione orale. Il metodo, poi, era quello del bambino che impara, ripetendo mille volte la frase nuova.
Il cinese non è come le altre lingue dove, non appena impariamo una piccola parte basica, siamo subito in grado di metterlo in pratica, anche se questa piccola parte basica richieda tempi diversi a seconda della lingua; per parlare il russo ci vorrà un po’ più di tempo che non per parlare lo spagnolo. Per il cinese questa regola non vale.
Perché?
La colpa è della distanza, né più né meno. La colpa, ma non solo; anche la soddisfazione, quando ce la si fa, è commisurata a questa distanza.
Quando riesco a trovare la chiave per superare l’ostacolo DISTANZA, posso finalmente riuscire ad esprimermi correttamente, cioè, a parlare.
E’ questa distanza che proibisce a noi, non cinesi, di trovare le frasi giuste senza cadere nella trappola del cinitaliano (parlo cinese in italiano). E’ arduo rinunciare alla sicurezza della costruzione italiana della frase. E’ la nostra lingua, quella che ci ha permesso di crescere e di diventare adulti. Lasciarla andare è una questione delicata. Più si è avanti con l’età, più risulta difficile. Non abbandoniamo le speranze: i miei studenti dell’Unitre avevano l'età media di sessant’anni.
Allora come si fa?
Lo vediamo alla prossima puntata.
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