sabato 27 aprile 2013

Ventitreesima puntata - Diario di Pechino





2 agosto 2011 - Pechino

Continua lo studio estenuante. Lezioni fino le tre, poco svago e molto studio fin quasi l'ora di cena. La mattina mi alzo presto e studio mezz'ora prima di andare in classe.

Fuori il tempo si sta stabilizzando. Anch'io mi sto adeguando al clima ma oggi, verso sera, l'umidità era scomparsa lascando il posto a un tramonto mozzafiato.

Con il gruppetto bolognese (tre persone) siamo andati a cena in un ristorante di poco conto, mi è dispiaciuto non aver insistito a portarli in un posto più decente.

sabato 20 aprile 2013

Ventiduesima puntata - Diario di Pechino













 1 Agosto 2011 - Pechino

Ieri mattina sono andata con Jenny a vedere Jingshan. E' un parco molto bello e grande, giusto dietro la Città Proibita, accanto al parco di Beihai. Il tempo era bello, il sole bruciava già alle nove del mattino. Jenny ci teneva ad arrivare presto per veder cantare e ballare i veri abitanti di Pechino.

Il rumore era assordante ma questo non ha impedito alla moltitudine di divertirsi. Ad ambo i lati della barricata - spettatori e cantanti/ballerini - vi era la stessa gente. Di fatto si verificava qualche cambiamento; qualcuno finiva di cantare, qualcun altro iniziava a suonare. In uno slargo, sotto l'ombra degli alberi, s'alternavano due donne nel ballare mentre lungo il muro (in Cina un muro ci deve essere sempre) v'era la fila di una dozzina di uomini che suonavano l'armonica da bocca.

Non potevano mancare i nostalgici di Mao; il canto era il solito, la mimica pure, cosa ci trovavano di piacevole io veramente non lo so.

Finito di girovagare nel parco di Jingshan, avevamo deciso di andare a vedere pure Houhai ("Mare che sta Dietro") che si distingue da Qianhai ("Mare che sta Davanti") per mezzo di un ponte dalla storia dimenticata.

Sulla cartina la strada era diritta, bastava percorrerla per essere subito lì. In effetti, invece, la strada finiva in uno specie di Hutong dove una vietta non del tutto incoraggiante si perdeva tra le case. Noi ci siamo inoltrate, armate di coraggio, e quando sembrava ormai inevitabile la necessità di tornare indietro, ecco che scorsi un muro parzialmente coperto da alberi e case.

"Proviamo lungo il muro!" - proposi timidamente - non c'è niente da ridere, ero insicura anch'io. Il muro poi si rivelò essere la strada giusta e, una volta percorsa, si usciva dal huton su un viale completamente inondato dal sole.






Houhai è una delle tante meraviglie nuovo-antiche che si trovano a Pechino. Lungo le sue sponde numerosi i caffè e i Tea-house. Percorrerla tutta ci ha messo una tale fame; Jenny conosceva un bel ristorantino lì proprio vicino.

sabato 13 aprile 2013

Ventunesima puntata - Diario di Pechino

30 luglio 2011 – Pechino – Grande Muraglia - Pechino

Stamattina sono corsa fuori quasi in pigiama per comprare lo yoghurt, ma prima delle otto non apriva nessuno. Sono tornata con la coda tra le gambe e ho deciso di impadronirmi di una delle tante confezioni di yoghurt della mia compagna di stanza.

Lei è così: tutto quello che compro io è troppo caro. Lei si riempie il frigo con la sua roba, quella non è troppo cara.

Pomeriggio, appena toranata dalla Grande Muraglia, mi ero preparata per uscire di nuovo. Alle tre passate andare alle rovine del Palazzo dell'Estate era, invece, troppo tardi – secondo lei. Qualcosa è sempre troppo, quando si tratta di me. A conferma di quanto mi stava dicendo, aveva sfogliato una guida nella sua lingua (coreana) per poi doversi correggere "Il Palazzo dell'Estate non chiude alle 16.30, bensì alle 17.30".

Dunque stamattina ho mangiato uno dei suoi yoghurt. L'autobus non aspettava l'apertura del negozio, siamo partiti alle 8.20 circa.










Usciti da Pechino c'eravamo diretti verso nord. Abbiamo viaggiato per due ore buone quando, all'improvviso, sbucò una torre della Muraglia dal niente. Ad accoglierci la solita scena colorita: venditori di ogni specie di cose più a meno a buon mercato che tentavano di accaparrare la nostra attenzione.

Io, Eva e Maria eravamo tra i primi a prendere la funivia. Lassù iniziò una sterminata camminata, intervallata ad ogni piè sospinto dalla sosta per le foto. Odio le foto. Le scatto anch'io ma quando mi rendo conto che diventano più importanti del fatto stesso di essere lì, mi ravvedo e smetto.

A camminare su quei sassi, pur in presenza di migliaia di turisti, faceva sentire i passi di chi, prima di noi, li aveva calpestati. Quanto sudore! Sudavano gli uomini e anche i cavalli – pensavo.

In Cina non sai mai quanto c'è di vero in quel che vedi. E' destabilizzante non poter fidarsi dei propri sensi. Eppure è questa la realtà: nuovi edifici antichi ad ogni angolo. La Grande Muraglia rifatta per deliziare gli occhi di noi, turisti, non fa eccezione.

Il sentiero di montagna, invece, era vero. L'avevamo percorso, inizialmente alla ricerca di un posto fresco e comodo dove mangiare. Poi in un attimo eravamo arrivate al punto di partenza dove, se possibile, i venditori era ancor più numerosi e ancor più rumorosi.






Ritornata dalla Grande Muraglia, i miei nuovi amici m'avevano invitata ad andare con loro allo Yuan Ming Yuan (Palazzo dell'Estate). Me lo ricordavo con piacere quell'enorme parco con lago, circondato da salici dove avevo passato un mezzo pomeriggio da sola a guardare le rovine e a sentire il venticello, nove anni prima.

Stavolta, al posto della solitudine, v'erano le solite migliaia di turisti ad affollare ogni dove e prima di arrivare alle rovine dovettimo "ammirare" i tanti fiori finti, navi finte, per non parlare dei draghi e di altre cose innominabili e pacchiane.

Le rovine erano ancora lì, ancora per poco se l'afflusso resta tale. La pietra bianca abbandonata al sole mi ricordava la Grecia come pure alcuni motivi decorativi. La forma dei giardini, invece, faceva pensare alla Francia. Strano miscuglio.

Per ultimo avevamo voluto vedere una pagoda in marmo bianco dove, dopo aver trovato la giusta uscita da un vero labirinto, potevi salirvi lungo una scaletta a chiocciola, posta all'esterno.

"Bene, non ci siamo stancati invano"– avevo pensato.

sabato 6 aprile 2013

Ventesima puntata - Diario di Pechino




29 luglio 2011 - Pechino


"Il dado è tratto" sono iniziate le lezioni. Sono in Classe C, è forte, anzì, è fortissimo. La sfida in questo campo mi sprona, non mi abbatte. Sono in (quasi) pieno possesso delle mie facoltà.

Domani andiamo in gita sulla Grande Muraglia. Intanto fuori piove di nuovo. Stavolta sta cadendo una pioggia fitta, l'aria è fresca, non c'è nebbia nè troppa umidità. E' un piacere passeggiare nei viali semibui, mentre le macchine sfrecciano via, lasciando una scia di goccioline. Ho fatto un largo giro , la pancia è ben piena, sono arrivata a Wuadokou ("incrocio di cinque vie") e ho guardato passare un treno notturno. Sfilavano i vagoni con le cucette, qualche faccia insonnolita dietro le finestre.

Come sempre mi ha preso la nostalgia, la voglia di andar via, lontano da qui. Oramai mi è rimasto solo questo piccolo lembi di nostalgia, mentre per il resto sono ben felice di essere al mondo, orientale o occidentale che sia, non ha più tanta importanza. Ciò che mi manca non è tanto il paesaggio o un clima migliore. No, in questi momenti mi mancano le persone, i miei cari, la mia vecchia gatta malata. Le loro voci, quando mi telefonano, mi fanno sentire degna di essere su questa terra come se, in assenza, mancasse l'approvazione della mia persona tutta.

Tuttavia non si tratta di mancanza di autostima; con duro lavoro me la sono conquistata, non ho bisogno che altri confermino la validità della mia esistenza. Qui però sono persa, i miei valori all'improvviso hanno perso la loro quotazione in borsa, da queste parti non vengono riconosciuti. Mi sembra di fare uno sforzo al limie della sopportazione per potermi conquistare, a poco a poco, ciò che non ho più. Sto lavorando sodo, con le mie continue ricadute, momenti in cui di nuovo tutto ha perso il suo valore e io sono nuda danvanti al mondo intero.