7 agosto 2011 – Cheng Zhou
Stiamo tornando a casa, cioè a
Pechino. In questi giorni ne avevamo viste di cose, ne avevamo fatte
di cose a iose.
Segue dal diario del 7 agosto:
La notte porta buoni consigli e caccia
via la stanchezza e la depressione.
Era iniziata una nuova giornata, nuove
sfide ci aspettavano, nuove promesse.
C'eravamo spostati verso est, a Kai
Feng. Qui la dinastia Song aveva operato per la riunificazione della
Cina; moneta unica, scrittura unica, unica legge. Più tardi, nel
nono secolo, alla corte dell'imperatore c'era un certo Signor Bao,
molto amato dal popolo e apprezzato dalla corte per la sua
imparzialità e saggezza nel gestire le faccende umane. Parliamo del
quinto secolo. I cinesi gli hanno dedicato un intero tempio lungo il
lago che porta il suo nome.
La dinastia Song aveva la sua città
proibita a Kai Feng. Il palazzo imperiale s'erge tutt'ora su un'alta
struttura e vi si accede per mezzo di una larga e impressionante
scala in marmo bianco. Per uscire dal parco dalla porta orientale
avevo percorso sentieri in mezzo ai fiori, avevo attraversato un
angolo di un laghetto saltando da una pietra all'altra. Come
ricordino mi ero comprato un bel disegno su carta di riso: tre
granchi in lotta tra loro.
La città di Kai Feng ci aveva
riservato un'altra attrattiva: una pagoda, alta 55,63 metri, cotruita
nel 1049.
Avevo provato a salire la stretta scala
a chiocciola ma ben presto i visitatori che m'avevano preceduta,
scendendo, m'avevano costretta a fare marcia indietro. Non ne avevo
avuto a male; questi pochi gradini avevano già messo a dura prova i
miei muscoli rallentati da tanto studio e poco moto. Il souvenir
stavolta era un chicco di riso sulla quale la ragazza aveva inciso,
servendosi di speciali lenti di ingrandimento, alcune parole recanti
auguri di buona salute, tutto chiuso in una minuscola bottiglietta di
vetro.
Il programma della giornata era
particolarmente fitto; dopo un pranzo fugace ci aspettava il museo
più bello della Cina, a detta della guida locale.
Il museo consta di quattro piani. A me
era particolarmente cara l'epoca del bronzo per via delle iscrizioni
oracolari che si trovavano sopra. Avevo ritrovato i famosi vasi
sacrificali con tre o con quattro gambe recanti alcune iscrizioni
difficili da decifrare. Ero ben soddisfatta; ne valeva davvero la
pena.
Dal museo eravamo andati dritti-dritti
alla stazione.
Le stazioni nelle grandi città cinesi
sono delle specie di aeroporti. Prima di accedere alla propria sala
d'attesa c'è, oltre al controllo bagagli veri e propri anche il
controllo dei biglietti. In effetti, ad onta dell'enorme numero di
viaggiatori, di caos neanche ombra.
Il treno è comodo e sebbene
viaggiassimo ad alta velocità non si sente rumore e non si registra
alcun disturbo. L'agenzia di viaggi ci aveva fornito un pasto a
ciascuno: pollo e riso, granoturco e verdurine. Buono e ben caldo.
Accanto c'è il vagone bar. Bevuto una
birra ora sono pronta per il rientro.
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