10 agosto 2011 – Pechino
Ho la data del mio rientro in Europa:
partenza primo settembre con l'arrivo il due settembre a Budapest.
Era la strada che mi permetteva di avvicinarmi a casa senza pagare
cifre stratosferiche per un biglietto in business class.
Dunque, il dado è tratto; anch'io
conosco la data del mio volo, anch'io posso fare il count-down: meno
22.
Adesso sono libera di gioire di quello
che ho, del mio studio che progredisce bene, delle mie amicizie con
gli italiani e non solo, del mio poco tempo libero. Posso pensare a
chi devo fare un regalo, a chi solo un pensiero, a chi devo mandare
una cartolina, a chi una mail.
Posso sentirmi bene, senza rancore,
posso guardare i cinesi come solo i turisti sanno fare, posso tornare
alla mia trattoria, fare un po' di spesa per il tempo che mi resta.
Sì, “il tempo che mi resta” è diventato all'improvviso
prezioso, perché è limitato e perché non ne posso sprecare una
goccia. Sto iniziando a fantasticare a come mi mancherà tutto questo
un giorno, come rievocherò ogni minuto del tempo che d'ora in poi
passerò qui.
Ecco quella linea invisibile che ogni
volta che viaggio separa la prima parte quando è tutto interminabile
e di cui non si capisce il fine dalla parte rimanente che in un
attimo vola via. Tutto questo per un biglietto d'aereo che sembrava
impossibile ottenere.
Quando avevo sentito il prezzo, prezzo
molto-molto alto, per un attimo avevo tentennato. In cuor mio non mi
pareva possibile che spendessi una tale cifra per me stessa ma poi mi
ero subito ricomposta e, presa la biro, firmai la quietanza della
carta di credito. Il biglietto diceva: si parte la notte tra 1 e 2
settembre (ora locale). Il volo dura dieci ore.
Da Budapest, passati i cinque-sei
giorni canonici per sbrigare le varie faccende e, goduto della
compagnia di parenti e amici, rientrerò con un altro volo a Milano
l'otto settembre.
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