24 luglio 2013 - Pechino
Anche oggi ho preso un impegno in
città: sono andata a visitare un vecchio hutong. Me ne ha
parlato tempo fa una signora e stranamente mi era rimasto impresso
nella memoria il nome della fermata. Di metrò ce ne sono tante
ma fermata con quel nome fortunatamente ce n'era una sola.
La nebbia era viscida e mobile, forse
ancor più di ieri, tempo ideale per gironzolare nei hutong –
pensavo.
Nove anni fa ne avevo visitata una che
era in condizioni assai più spregevoli. Ricordo i carrettini e
i bambini che correvano su e giù. Adesso invece c'erano delle
toilette ad ogni entrata e le vie erano sgombre e pulite. Non così
gli alloggi: bastava entrare in uno dei cortili che ne inglobavano
alcune che l'ordine della strada fosse subito un lontano ricordo.
Le entrate delle singole abitazioni, i gradini, le porte erano in un
disordine inimmaginabile, per non parlare della sporcizia, dei panni
stesi, della robivecchia. Cerchioni di biciclette, poi le biciclette
stesse buttate lì in un androne dal disegno raffinato e da un
intonaco putrefatto.
Ve n'erano pure delle eccezioni: con
sforzo disumano si conservava dell'antico e si dava la cura
necessaria ad alcune piante, quasi a contrastare la massiccia
presenza del caos.
Perdersi in un hutong è
facilissimo. Ho represso in più occasioni la solita voglia di
percorrere qualche scorciatoia, preferendo la riluttante ovvietà
dello percorrere le stesse strade a ritroso. Come premio non solo non
mi sono persa ma ho fatto in tempo a raggiungere le amiche per il
pranzo.
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